L’agenzia sà che una campagna di sensibilizzazione sociale necessita di un approccio differente dagli standard di una campagna pubblicitaria tradizionale. Ad esempio, il destinatario del messaggio non è inquadrabile in gruppi sociali definiti, ma è parte integrante di un contesto sociale che raggruppa più identità sociali differenti per estrazione, cultura, vissuto. In che modo relazionarsi con mentalità e “realtà sociali” differenti e a volte molto distanti l’una dall’altra ?
La chiave è quella di creare un messaggio d’impatto, che rimanga impresso per la sua forza comunicativa. Perché fuori dagli schemi. Perché legato a simboli e stimoli che fanno parte del tessuto sociale: “icone sociali” che portano le persone a schierarsi. E’ questo schierarsi (consapevole o meno che sia) che permette al messaggio di superare i filtri sociali (barriere esperenziali) e di relazionarsi (più o meno efficacemente) con il destinatario.
NGT ha ben chiaro il problema e trova la chiave di relazionamento nel tema del tatuaggio. “Il tatuaggio al giorno d’oggi è una moda spinta e sostenuta dalla società attuale. Il mondo sà che tatuarsi è una scelta che a volte dura più di un matrimonio. Una scelta per la vita” spesso legata a persone che si amano, per non dimenticarle e portarle sempre con sé. NGT parte da qui: “gli animali domestici sono fedeli ai loro padroni e non li abbandoneranno mai” in buona e cattiva sorte. “sono loro a farsi tatuare il nome del padrone” perché lo porteranno sempre nel loro cuore.
La reazione? “E’ impossibile che un cane si possa tatuare. E’ incredibile” a liquidare un concept ben più profondo di un semplice marchio a fuoco su pelle.
E’ questa mancanza di dialogo o di confronto che spesso porta al rifiuto preconcetto di un’idea.
A sottolineare come “non sempre un’azienda committente sia recettiva verso la creatività che si esprime in forme di comunicazione non-convenzionale, ossia in quel modo di comunicare pensato e proposto per garantire una maggiore penetrazione nel mercato di riferimento” – Luca Oliverio, Comunitàzione.it.
Ancora NGT. Committente Minimax. Il messaggio: “questo è il momento più importante“. Il tema: “Campagna d’immagine per muovere sciurezza e prodotto sul tema estintori“.
La soluzione creativa: “Le notizie quotidiane e le Olimpiadi non sono servite a nulla. Il Tibet voleva spegnere la torcia come protesta. E allora quale campagna migliore di quella in cui Minimax offre la soluzione e lascia loro il suo prodotto?“.
La risposta della Committente: “Mi sono simpatiche queste persone del Tibet, però credo che è politicamente scorretto e non oso pubblicarla!“.
Queste sono solo due esempi di comunicazione rifiutata. Il tema di fondo però è lo stesso: la committente rifiuta una creatività o perché non ne comprende il concept (e questo a volte significa che non ha ben chiara l’esigenza del proprio target di riferimento) o perché entrano in gioco interessi (sociali o economici) che frenano un naturale modo di porsi e di proporsi attraverso il concept di un messaggio.
Da cui la necessità di un confronto tra creativi e committenti, di un dialogo aperto unico nel suo genere “per riflettere e confrontarsi su problematiche comuni e per interrogarsi sui perché celati dietro ogni rifiuto rifilato dai clienti” per mettere in risalto “le problematiche legate alla cultura in comunicazione dei propri interlocutori, al modo in cui i creativi comunicano con loro, all’effettivo livello qualitativo delle proposte, alla cultura progettuale di ogni agenzia o studio di progettazione“.
Un dialogo serrato, Creatives Are Bad, arrivato alla sua terza edizione che s’inaugurerà l’11 Dicembre alle ore 19.00 presso l’Officina del Gusto, sita in Corso Savona 50/1 – Moncalieri, Torino nel contesto del Word Design Capital 2008.

Da un’idea dell’agenzia di comunicazione integrata mtn company, e con la collaborazione di Comunitazione.it, la più vasta comunità della Comunicazione in Italia, “Creatives are bad!”: la prima mostra italiana sulla comunicazione rifiutata.