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Minibar contro Distributori automatici: trend si ma speculativi.. perché no ?

Minibar contro Distributori automatici: trend si ma speculativi.. perché no ?

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L’Independent e il Mirror lo danno come trend affermato. Consulenti internazionali ne confermano la realtà con un distinguo: hanno senso solo in riferimento al contesto locale che li ha prodotti. Testimonianze rafforzano l’idea del cambio di rotta dei direttivi marketing di alcune importanti catene alberghiere internazionali. E’ il caso manifesto della “guerra” che i Distributori automatici “hanno dichiarato” al servizio dei minibar oppure è il work in progress di un trend speculativo ?

Il 31 marzo 2013 l’Independent pubblicava un articolo in cui riportava come alcune catene alberghiere internazionali, quando non singole strutture, stavano “rimouovendo i minibar dalle stanze dopo aver stabilito che la gestione del servizio frigo, bevande e snack, è più un problema che un’opportunita di guadagno“.

Hotels call time on the minibar:
they’re too much hassle to maintain and too expensive to police

Susie Mesure e Elena Blagoeva, firme dell’articolo dell’Independent, scrivevano che la tendenza era confermata nel Regno Unito anche da catene come Premier Inn e Travelodge che “preferiscono la gestione dei distributori automatici invece dei minibar“. Ma non solo: Hyatt Hotels and Resorts pare avesse deciso di non includere il rifornimento dei minibar negli alberghi convenzionati e il Marriot “is another chain that has axed minibars“. Motivo ? Gli analisti di settore, non menzionati nell’articolo se non (appunto) con il termine generico di “analisti di settore”, spiegavano che “guests have had enough of being ripped off for over-priced bottles of water and packets of nuts. In turn, many hotel operators find it too difficult to police minibars, with the service costing hotels money“.

La fotografia dell’Independent è senza sfumature di grigio: da una parte ci sono gli ospiti che non ne possono più di essere derubati ad ogni incauta apertura di tappo, dall’altra gli albergatori non ne possono più di mantenere un servizio che i clienti trattano alla stregua di un felino affamato di tre metri. “I minibar una volta erano una fonte di profitto” – dichiarava il consulente di settore Melvin Gold all’Independent – “Ma la politica di gestione è troppo difficile da controllare a causa degli alti costi del personale necessario al loro mantenimento“. Infine la chicca di Robert Bernard: “E ‘anche una questione di sicurezza c’è il pericolo che il contenuto possa essere manomesso“.

Il turismo alberghiero che cura il dettaglio,
le nuove vecchie esigenze dell’ospitalità 

In quegli stessi giorni in Italia una società toscana già autrice di alcuni articoli per l’Intruder, come quelli prodotti dal suo Amministratore delegato Stefano Mandò, inaugurava la sua terza divisione dedicata alle forniture alberghiere tutta dedicata al Food & Beverage bio per minibar e prime colazioni. La realtà percepita in Italia era dunque in controsenso se rapportata a quella secondo cui il marketing di famose catene alberghiere avevano deciso di sposare la linea dei minibar in perdita ?

Cosa stava accadendo ? Come responsabile editoriale di The Intruder News avevo anche altre domande da risolvere.

La più importante di tutte: se Il turismo alberghiero che cura il dettaglio di Stefano Mandò era l’antitesi di quanto riportato neanche due mesi dopo dal tabloid inglese, allora occorreva verificare – in concerto con l’autore dell’articolo – l’evidenza di quanto scritto sia dall’Independent che qui.

La decisione di Stefano Mandò fu quella di scrivere a Melvin Gold per un confronto d’idee. La risposta del founder della Melvin Gold Consulting Ltd. è illuminante e chiarisce i limiti e i contesti dello scenario a tinte forti tratteggiato dal tabloid inglese: “I miei commenti sono un punto di vista sul fatto che i minibar sono meno popolari tra gli hotel, soprattutto a causa delle difficoltà operative che comportano per la gestione alberghiera. Io continuo a credere che questa visione è di fatto corretta, almeno nel Regno Unito, ma, naturalmente, i minibar continueranno ad essere installati in molti alberghi come fonte di profitto e servizio clienti“.

Il Mercato del Turismo internazionale stava vivendo, e sta vivendo, un periodo di rinnovato “entusiasmo” all’investimento individuando quei territori che meglio di altri possono offrire finestre di opportunità utili a rispondere alla stagnazione del settore europeo.

Il WTTC (World Travel & Tourism Council) stima a 64 milioni il flusso turistico al 2020, previsione a cui stanno reagendo molte catene alberghiere già dal 2011. Per il 2015 sono previste 165.281 nuove stanze molte delle quali interne a nuove strutture alberghiere. E’ il caso delle tre nuove strutture St.Regis della catena Starwood […] che saranno edificate in Doha e Dubai, come delle sei pianificate dal Four Season, le quarantadue della catena Marriot International o le quindici progettate dal Duisit” – riportava Fas Italia l’8 maggio 2012 a tre giorni dal Gulf International Congress 2012 di Firenze, evento che aveva confermato come “gli interessi in movimento in Arabia Saudita, in Oman, Kuwait o Qatar, stanno creando nuovi posti di lavoro e attirando l’interesse di fornitori europei che vedono, giustamente, nei Paesi del Golfo l’opportunità di volgere a proprio favore la crisi attraversata dal mercato del Turismo europeo“.

Il Gulf International Congress aveva dato importanti conferme sulle attualità di un mercato in sofferenza. Il settore dell’Ospitalità ricettiva cercava nuove finestre di opportunità, alla stregua dell’ Immobiliare, il cui confine con l’interpretazione più scontata e deprimente di “vie di fuga” diventava gioco forza sempre più labile e dipendente dal modello di business dei singoli management alberghieri chiamati a “nuovi” sforzi creativi per non deludere le aspettative della loro clientela. Dunque, da una parte abbiamo il gestore di una struttura ricettiva che tenta di far quadrare i conti, dall’altro un cliente affatto scontato e sempre meno fidelizzato nella sua pretesa di “dignità” messa a dura prova da crisi e recessioni ben note. Basterebbe un po’ di sana, “banale”, logica associativa per capire che le difficoltà percepite variano a seconda del contesto locale considerato.

Eventi e fiere danno modo di confrontarci con clienti, partner e fornitori sia italiani che stranieri. Un albergatore italiano non ha bisogno di formule magiche scaccia crisi se queste lo costringono a proporsi in aperto contrasto con le aspettative del suo ospite. Un cliente italiano che ha una ridotta capacità d’investimento non ha bisogno di sentirsi ricordare le sue difficoltà quotidiane. Un albergatore italiano sa bene che alcuni servizi richiesti dal suo ospite comportano investimenti in tempo e denaro non facilmente ammortizzabili in tempo di crisi. Eppure un albergatore italiano sa bene che imporre l’assenza di un servizio come il minibar, oppure imporre un sovraprezzo per una camera inclusiva di servizio minibar, significherebbe fare terra bruciata a favore di strutture ricettive sorde alle tendenze del momento” – Stefano Mandò, A.D. Fas Italia

Cracking Open the Hotel MinibarMinibars’ biggest sellers tend to be pedestrian. Elegy for the Minibar“I’d like to order a minibar”. I requested. But my hopes were in vain. Minibar bluesThe minibar has fallen prey to the changing economics and culture of travel.

14 settembre 2011, The Wall Street Journal pubblica “Cracking Open the Hotel Minibar”. 17 aprile 2013, The Economist scrive l’opera prima “Minibar blues”, spartito ispirato alle antiche note del WSJ, all’ “Elegy for the Minibar” scanzonata del marzo 2013 made in The Atlantic. Per gli amanti del “compact-blues” però niente di meglio dell’ Hotel call last orders on minibar as guests complain of high prices, elegia funebre suonata dal Mirror il 14 aprile 2013. Non sono le uniche versioni del song con dedica ai distributori al piano ma certo sono quelle che fanno più effetto visti i nomi delle piattaforme editoriali coinvolte.

I rumori di fondo aumenteranno nei mesi successivi il lancio elegico, ripresi più volte da testate giornalistiche cartacee e telematiche, da blogger e operatori di settore, Italia inclusa. Eco riprodotti non sempre da competenze credibili ma comunque eco rumoreggianti evidenze non dimostrate: mai un report d’analisi dettagliato; mai un nome in trasparenza del gruppo di analisti e osservatori coinvolti. La prima vera occasione di fare il punto sulla forza internazionale marcata dal trend anglosassone arriva durante il maggio del 2013 quando Stefano Mandò entra in contatto con Roberto Necci  (membro del Consiglio direttivo 2011-2015 di Federalberghi Roma e Lazio, e dell’Associazione Direttori d’Albergo) e Guglielmo del Fattore (Responsabile comunicazione dei Giovani Albergatori di Roma, specializzato in Marketing del Territorio e del Turismo) per l’organizzazione di un corso di formazione gratuito per Albergatori sulle tecniche e strumenti di gestione alberghiera. Messo a parte dell’iniziativa, propongo a Stefano l’eventualità di un’intervista ai soci fondatori del Nea Xenia Lab su alcuni dei temi che considero tra i più importanti quando il business d’impresa deve fare i conti con crisi contingenti: trend salva business, finestre di opportunità e accesso al credito.

Il 12 giugno di Nea Xenia Lab riporta l’intervista integrale girata ai due ideatori del laboratorio di consulenze alberghiere. La prospettiva di partenza riguarda l’affidabilità dei trend salva business soprattutto in tempi di crisi: “trend che devono essere considerati ma che vanno analizzati partendo dalla giusta prospettiva per evitare errori d’investimento che aumenterebbero il clima di crisi percepito da un’attività mal indirizzata piuttosto che mal consigliata“. La prima domanda e relativa risposta inquadrano e dettagliano le problematiche legate alla gestione dei minibar.

Quando e per quale motivo un albergatore dovrebbe / non dovrebbe dare eco a notizie di settore che “annunciano” trend “salva business” come il più recente nato sull’onda di tabloid e comunicatori del Regno Unito che marcano sulla anti-economicità del servizio minibar proponendo la soluzione dei distributori al piano o in hall ?

Come spiegheremo diffusamente durante il corso, alcuni tipo di servizio, tra cui il minibar, rispondono ad esigenze dirette dei clienti, specie di coloro provenienti da determinati mercati extra europei. Non offrire un tale servizio in camera rappresenterebbe per gli ospiti, soprattutto in alberghi di determinate categorie, un tradimento delle aspettative. Diffusamente in questi anni si è parlato di anti economicità del servizio di minibar, ma semplicemente perché non viene considerato come un reale investimento. In tale ottica infatti, se utilizzato con creatività ed espressione dell’unicità del proprio hotel, porterebbe ad un vantaggio competitivo con una valenza ambivalente. Infatti da un lato permetterebbe indubbiamente di contribuire al miglioramento dell’immagine dell’albergo, ossia la famosa Brand Reputation alla base delle strategie e tattiche tariffarie al giorno d’oggi. Dall’altro lato permetterebbe di fornire un servizio completo e con possibili ritorni economici interessanti. Non è un caso che, dal punto di vista delle tecniche di cross selling, diversi revenue manager considerino il minibar uno degli elementi più interessanti, specie nel caso venga fornita una buona varietà di prodotti, in grado di colpire più esigenze e a prezzi appetibili, ma comunque profittevoli. A mio parere dunque non va tolto il minibar dalle camere, va cambiato il metodo di gestione del servizio, troppo spesso nel nostro settore per seguire mode o sterili tagli dei costi si perde di vista l’obiettivo principale: dare una risposta alle esigenze della clientela.

Non mi risulta che il minibar sia un servizio non richiesto, anzi …

Aggiungo che personalmente non sono del tutto a favore dell’utilizzo esagerato che si sta prospettando per i distributori automatici, al massimo li vedo come erogatori di prodotti complementari, ma ovviamente questo dipende dalla tipologia della struttura ricettiva e dal proprio target di clientela. In un budget hotel sul genere della catena tedesca Motel One, espressamente rivolta ad un target giovanile o no frills, il servizio automatico è sicuramente quello preferibile.

Il confort non è più una necessità, ma un optional afferma una delle eco nostrane al Minibar blues. Non è l’unica eco di un “local concept” che poche attinenze ha con il mercato di riferimento italiano, non sarà l’ultima ma..

Il Decreto del 21 ottobre 2008 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, emanato dal Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del territorio e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 34 dell’ 11 febbraio 2009, definisce l’attualità delle tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche nell’ambito dell’armonizzazione della classificazione alberghiera. Il decreto, siglato in calce da Michela Vittoria Brambilla – allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega al Turismo – spiega in modo esauriente i limiti e competenze ad esso correlabili a partire dalla motivazione ispirante in quell’ “assicurare maggiore competitività all’offerta nazionale nel mercato globale individuando misure di promozione dell’immagine unitaria dell’offerta turistica nazionale“. D’altra parte la necessità di “procedere all’identificazione di standard minimi nazionali dei servizi e delle dotazioni per la classificazione degli alberghi” non poteva ignorare le specifiche esigenze territoriali, vitali per un territorio nazionale mai uguale com’è quello italiano e su cui in passato si arenarono legge quadro e buoni propositi legislativi.

La Costituzione italiana e le Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione – Legge costituzionale n.3 del 18 ottobre 2001 – che ne sostituì gli Articoli 117 e 127 fondamentali in questo contesto) chiariscono come la classificazione di una struttura alberghiera sia materia delegata alle Regioni.

Affermare che la Legge italiana stabilisce che i minibar sono obbligatori per l’assegnazione delle tre stelle e che a causa loro i prezzi delle camere sono quelli che sono è disinformare e fomentare non certo l’Albergatore quanto il cliente sempre più in cerca di “vacanze a misura di portafoglio”.

E’ pur vero che la Legge quadro n. 217 del 17 maggio 1983 (la “madrepatria” dell’assegnazione delle stelle a punteggio) fissava i criteri di classificazione delle strutture ricettive su tutto il territorio italiano ma – come nel caso del Decreto sui Defibrillatori DAE per strutture ricettive – l’applicazione di una direttiva nazionale è poi sottesa alle varie leggi regionali che hanno quindi il privilegio di poterne stabilire i limiti e confini applicativi in base alle loro specifiche realtà territoriali. La Legge quadro non era abbastanza. Il sistema a punteggio non garantiva equità nei servizi base garantiti da strutture con la stessa classificazione. La Riforma della legislazione nazionale del turismo (Legge n. 135 del 29 marzo 2001) assegnò alle Regioni una forza legislativa che, in concerto con una più marcata autonomia territoriale, garantiva categorizzazioni su misura d’esigenza regionale. Conseguenza: il 22 settembre 2002 venne abrogata la mal digerita Legge Quadro.

Il Decreto nazionale sull’armonizzazione della classificazione alberghiera, facendo tesoro della Costituzione se non delle passate esperienze legislative in merito, si autolimita già nella dichiarazione del suo mandato “lasciando alle Regioni e alle Provincie autonome, competenti in materia, l’individuazione, nelle norme di recepimento, di ulteriori caratteristiche connesse al territorio” per poi delegare all’ Articolo 3, comma 1 e seguenti, le informazioni sulle specifiche competenze di applicazione degli standard minimi “definiti in relazione all’apertura di nuovi alberghi o alla ristrutturazione di quelli esistenti“, fatto salvo diverse eccezioni sia nei tempi di recepimento che conseguenti ai requisiti strutturali e dimensionali richiesti per l’adesione ai nuovi standard. Uno su tutti, l’inapplicabilità del decreto a strutture alberghieri esistenti, o con progetti edili registrati antecedentemente la sua entrata in vigore, In tutto questo “baillame”, una cosa è certa: non esiste l’obbligatorietà del servizio minibar da camera per l’assegnazione delle tre stelle. Il frigobar, aka minibar, è invece richiesto nella dotazione delle camere per le strutture che puntano alle quattro stelle ma non è certamente da considerarsi tra le voci gestionali più onerose. Un quattro stelle deve garantire ben altre “varie ed eventuali”.

In realtà è lo stesso Decreto Brambilla a non possedere i requisiti che dovrebbero essere propri di un decreto nazionale. Questo non per demerito del decreto, quanto per le autonomie regionali che possono a loro volta definirne interpretazioni e varianti a discrezione di territorialità, ragion per cui la classificazione alberghiera promossa dal Drecreto non impone adesione. “In altre parole, con tale Decreto il Governo ha scelto di non scegliere, cioè di non utilizzare quel potere di riforma unilaterale degli standard qualitativi delle imprese turistiche che la Legge 135/2001 ancora gli assegna” – riporta in chiusura Gianfranco Visconti sul suo L’applicabilità del decreto del 21 ottobre 2008 di riforma degli standard qualitativi minimi dei servizi delle imprese alberghiere.

Diversi degli articoli linkati e correlabili all’onda blues sono stati scritti da copywriter quando non da opinionisti e professionisti della scrittura che poche attinenze hanno con il mondo del turismo alberghiero professionale. Alcuni riportano errori elementari, banali vuoi per i requisiti di un tre stelle, vuoi per le origini ancestrali del servizio minibar, vuoi per un’istantanea da “tutta un’erba un fascio” che s’arroga il diritto di trasformare un trend geolocalizzato in trend globale, vuoi semplicemente perché propagano l’eco di analisti anonimi o tacciano d’inchiesta notizie, rivisitate e riportate in copia da testate affermate.

Che il trend esista è fuori discussione. Che sia concreto in alcuni contesti geolocali quando non geopolitici, anche. Che il trend sembra “volersi affermare” anche in contesti che non gli appartengono, è uno spunto di riflessione che non può essere ignorato di fronte a pubblicazioni che approfondiscono poco e dimostrano meno se non un’azione puntuale nel recuperare e dare nuova forza a rumori di fondo “importanti”. Ci sono molti spunti da cui partire per approfondire l’ “organigramma” che muove passo trasversale a questo “curioso” trend inneggiante la fine del servizio minibar da camera. Nel corso degli ultimi due anni si sono mobilitati nomi inaspettati e alieni al mondo della ricettività turistica, come quello di Dubravka Ugrešić che nell’ottobre del 2011 firmò Assault on the minibar per The Paris Review, di cui è disponibile la traduzione integrale italiana Morte al Minibar pubblicata il mese seguente dall’Internazionale. Spunti. Spunti che non mancherà l’occasione di approfondire.

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