Iniziamo da una citazione di Kandinskij: “Il colore è un mezzo per esercitare un influsso diretto sull’Anima. Il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’Anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che con questo o quel tasto porta l’anima a vibrare.” – da lo spirituale nell’arte. Una citazione che fa da preludio all’intervista che ho proposto a Francesco Candeloro, artista veneziano che è mia intenzione presentare una risposta alla volta.
Senza pensare, a ruota libera, quanto senti tua la citazione di Kandinskij e quanto potrebbe raccontare del tuo percorso di artista dai tuoi primi giorni d'accademia a Venezia?
Il colore ha una parte fondante nel mio fare, narra emozioni e stati d’animo e in questo senso Luci e Colori sono un mezzo per costruire tramite velature dalla materia che uso (il plexiglas e non solo); forme e segni narrano frammenti di momenti storie, la luce espande, sviluppa e amplifica nello spazio e nel tempo.
Skyline, città d’affezione ma non solo, tra sovrapposizione di luoghi e di rimandi – scrive Francesco Tedeschi, storico e critico d’arte, in Francesco Candeloro: Luoghi Misure Variazioni, volume pubblicato in occasione dell’omonima mostra da cui l’immagine di copertina di questa intervista.
Ricordi l'ispirazione che ti portò a realizzare quella che poi sarebbe diventata la tua prima installazione?
Le prime installazioni sono della serie degli “occhi” 1997 , nascono da un percorso di disegni che iniziai in autobus, istintivi e veloci ritratti delle persone che mi circondavano nel tragitto che facevo quotidianamente, e che iniziai un paio di anni prima andando verso l’accademia… man mano nel tempo le forme degli occhi dei disegni si sono sviluppati negli occhi/profili delle prime installazioni che andarono ad animare le pareti relazionandosi con lo spazio come le persone nell’autobus.
Raccontami di Vie di Luci nel Tempo (Beirut), 2018

Si tratta di un lavoro che intreccia Luce immagini segni e colori, tempo vissuto, i viaggi dove raccolgo e archivio immagini. Stratificazioni a più livelli, alle lastre di plexiglas di colori differenti si aggiunge in lastre l’immagine monocroma: frammento della città e le finestre/forme ritagliate a laser nella seconda lastra. La luce espande o modifica l’intensità dell’opera se un raggio di sole la attraversa, e ne proietta i frammenti nella stanza. La tipologia di questi lavori nasce con la mostra fatta al museo Fortuny Città delle Città, dove si creava un percorso labirinto di Città come Vie di Luci (Beirut): un viaggio nei colori, nelle luci, nelle ombre, nei segni e nelle immagini delle molteplici città.
Un anno prima, 2017, Mann intervista Francesco Candeloro, l’occasione fu la mostra a cura di Valentina Rippa organizzata in collaborazione con il MANN, Museo Archeologico Nazionale di Napoli: “Tutta la mostra è pensata in relazione con le sculture e le opere del museo“, appositamente installata attorno a determinati elementi per esaltarne le peculiarità, ecco che “la scultura di New York diventa una piccola New York rispetto alla maestosità dell’Ercole“. Altrimenti, le installazioni sono pensate per esaltare gli ambienti propri della mostra come nel caso di “una finestra che diventa un fascio di luce quando il sole proietta all’interno questa meridiana che a sua volta si proietta sulle sculture“.
Quanto lavoro c'è dietro la realizzazione di un simile concerto di opere, sculture, installazioni e sarebbe fuori luogo definirle tutte insieme un'unica opera d'arte?
Sicuramente è un percorso nato volutamente in relazione con le opere del museo ma il lavoro pregresso è il risultato di anni. Mi spiego, alcune delle installazioni sviluppate per il MANN sono nate naturalmente da opere già esistenti, alcune di diversi anni prima, mentre altre sono state pensate appositamente grazie anche alle esperienze maturate con il primo gruppo di opere. D’altra parte senza il MANN non sarebbe stato possibile creare in una stanza un confronto tra i ritratti antichi e contemporanei con gli occhi/cubi oppure con la New York che citavi; l’elemento fondante di tutto il lavoro sono stati i Colori e le Luci delle opere e degli ambienti del museo che hanno ispirato lo sviluppo di installazioni come quella al neon, fatta di skyline che ingloba come in un grande occhio il toro farnese e torna a colorare con i riflessi del neon la scultura… fino ad arrivare alla finestra che muta nell’arco della giornata e, nel suo mutare, a sua volta muta lo spazio interagendo con le sculture. Tutto quindi è sia un lavoro di anni che d’esperienza, sul momento, per raccontare e sviluppare un percorso unico.
7 anni prima. Città nelle Città. “Stampate a raggi uvi visioni di città visitate. Un percorso che parte da Seul fino a New York per arrivare all’ Europa e arrivare all’Italia. Un percorso di città nelle città, un percorso fatto di tanti frammenti, di tanti racconti di tante altre città“.
Sono passati 10 anni da allora, quali sono le fondamenta immutate dell'artista e dell'uomo?
Membrane, come le ha chiamate Tommaso Trini di cui ricordo l’intervento alla presentazione del catalogo Proiezioni ‘Oltre il Tempo’, identifica bene il discorso dei frammenti dei segni della luce, dei colori e delle trasparenze. Il tempo trasforma di continuo nel suo scorrere e allo stesso modo stabilizza una Visione.
Venezia. 1998. Mostra Monolocali Palazzo Carminati. Occhi 9 e 10. E ancora prima, le tue bozze su carta carbone o su semplice carta, idee, prove, visioni. E l'inizio. Il tuo primo giorno alla scuola dell'arte. Cosa vedi guardandoti da qui?

Palazzo Carminati – Occhi 9 e 10
Passo dopo passo uno sviluppo continuo, momenti di riflessioni istintive o progettuali ma sempre un percorso che continua da allora fino alla contemporaneità. Visione, come ti dicevo prima, ispirazione immutata ma che muta e si trasforma con e per opera del tempo, anche nell’arco di una stessa giornata. Mi riferisco ai giochi di luce riflessi dalle finestre, per esempio. I lavori del ’98 erano molto istintivi, c’era una narrazione dietro ma prendevo spunto da ciò che mi circondava, invece ne gli Occhi ero già a una fase successiva conseguente lo sviluppo dei grandi e piccoli disegni fatti in autobus.
Contemporaneità allora. 2020. L'Arte al tempo della Pandemia è una domanda fin troppo scontata, così come il sapere come un artista vive questo momento senza precedenti e quanto possa influire tanto nella sua quotidianità quanto a livello creativo, ispirante. Non è una domanda d'obbligo, vero, ma come non farla quando si parla di Colori e Luci?
Durante il primo lockdown è stato tutto diverso, non potevo più andare in studio o seguire la realizzazione delle opere nei laboratori esterni. In quel periodo ho riniziato a disegnare finché ho avuto materiale a disposizione, poi ho iniziato una serie di autoritratti con gli oggetti di casa, li componevo, li fotografavo. Ho fatto una mostra collettiva ad Amsterdam con uno di questi autoritratti realizzati a casa: ho solo inviato un file e loro hanno stampato e allestito… colori e luci, si, adattati con ciò che avevo per lavorare.