Woman’s rights are Human Rights è uno dei claim che accompagna Operation Jane – l’immagine di copertina è un fotogramma del video informativo – l’azione lanciata da Anonymous il 3 settembre in risposta alla controversa Legge dello stato del Texas che vieta l’aborto per gravidanze superiori alle 6 settimane. Entrato in vigore l’1 settembre, il divieto di aborto in Texas ha comportato anche un riassetto degli algoritmi social: “Instagram e Facebook bloccano gli hashtag per le pillole abortive” – The Daily Dot, 1 settembre. Il divieto di aborto include anche gravidanze conseguenti stupri e incesti e permette “a chiunque di citare in giudizio una donna che abortisce così come chiunque l’assista, compresi medici e consulenti”. Un simile atto è pari per violenza a quello delle leggi talebane che limitano libertà e futuro delle donne in Afghanistan ma non è nemmeno necessario spostarsi così lontano per capire che, nel 2021, il mondo è ancora ben lontano dal garantire parità di diritti e di equilibri uomo donna.
La posizione della Casa Bianca sulla legge anti-aborto del Texas è sintetizzabile nella risposta che la sua portavoce Jen Psaki ha dato ad un giornalista: la Repubblica, 3 settembre “– Passando alla legge in Texas, perché il presidente sostiene l’aborto quando la sua fede cattolica dice che è moralmente sbagliato? – Il presidente crede che sia un diritto della donna, che il corpo appartenga alla donna e che abortire sia una sua scelta. – Chi dovrebbe quindi occuparsi dei bambini che non nascono? – Crede che spetti alla donna prendere queste decisioni, alla donna insieme al suo medico. So che lei non ha dovuto mai fare queste scelte, né ha mai dovuto aspettare uun bambino, ma per le donne là fuori che devono affrontare queste scelte è una cosa davvero difficile. Il presidente crede che il loro diritto dovrebbe essere rispettato.” Una posizione ulteriormente rafforzata con il comunicato del 6 settembre del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti: “Mentre il Dipartimento di Giustizia esplora urgentemente tutte le opzioni per sfidare il Texas al fine di proteggere i diritti costituzionali delle donne e di altre persone, compreso l’accesso all’aborto“. Donne e diritti, in Italia?
Il 22 settembre il comune di Milano, riporto askanews, ha deciso di dedicare una piazza a Tina Modotti “dopo l’iter di approvazione cominciato più di un anno fa“. L’intitolazione è avvenuta in occasione della retrospettiva al MUDEC, Tina Modotti. Donne, Messico e libertà, un’iniziativa curata da Biba Giacchetti, co-fondatrice Sudest57, che è parte di un progetto teso a riequilibrare l’intestazione di luoghi pubblici tra uomini e donne: in Italia, riferisce il Post 19 settembre, ci sono “24.572 strade intitolate a persone: 1.626 di queste sono intitolate a donne. Escludendo le martiri o le sante, le strade intitolate alle donne scendono a 959“; a Milano la percentuale di luoghi pubblici intestati alle donne è di quasi un punto percentuale al di sotto della media nazionale. L’intitolazione a Tina Modotti – proposta con successo da Biba Giacchetti e da Casa delle Donne di Milano, associazione di promozione sociale dedicata alle donne di qualsiasi età senza discriminanti di orientamenti, aspirazioni ed esigenze – rende tardivo e dovuto omaggio ad un talento che ha segnato il suo tempo come artista e come attivista in difesa della libertà e dei diritti umani. Diritti e Donne, sull’aborto?
Uno dei diritti fondamentali delle donne è il diritto all’aborto, un diritto che incontra forti resistenze non solo dal mondo cattolico e che l’Italia ha affrontato a più riprese in diversi archi temporali. Lasciando fuori l’iniziativa del Movimento Vox al congresso di Verona, simile per contenuti all’antiaborto texano, e limitando le iniziative sul tema a una singola realtà territoriale – in questo caso Milano – un esempio diretto sulla delicatezza del tema trattato, e sul cambiamento di prospettiva d’approccio al tema stesso, è Madre Segreta: iniziativa lanciata dalla Provincia di Milano nel 1996 come servizio di tutela per i neonati di donne in difficoltà, in un contesto culturale – qual’era quello italiano – problematico nell’accesso ai servizi di sostegno della famiglia “anche a causa del disagio provocato dal timore di un giudizio sociale negativo“, nel 1998 il progetto offriva un sostegno concreto “favorendo la conoscenza delle leggi riguardanti la materinità rispetto alle possibilità di anonimato del parto“; nel 2005 la Provincia di Milano lanciava la campagna di sensibilizzazione “non abbandonarlo, puoi partorire senza dare il tuo nome. Il suo futuro sarà protetto“. Donne e diritti.